Storytelling Chronicles#17: La ragazza della biblioteca di Silvia Bucchi

 

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Oggi il blog partecipa, come ogni mese, alla rubrica Storytelling Chronicles, ideata da Lara del blog La nicchia letteraria, che ringrazio. Il tema del mese si sposava alla perfezione con un incipit che avevo scritto per un esercizio, che mi era stato assegnato durante un corso di scrittura. Avevo descritto una biblioteca. Quando Lara ci ha assegnato il tema, ho pensato di riutilizzarlo e di usarlo come spunto per la mia storia. Ho provato a usare la terza persona, mettendomi alla prova. Inoltre ho voluto esercitarmi un po’ con la tecnica del discorso indiretto libero. Spero di non aver combinato un pasticcio. Il tema di questo mese è complesso. Il nostro racconto deve relazionarsi ai seguenti argomenti: Libri, mamma e lavoro.

Titolo: La ragazza della biblioteca.

Storytelling Chronicles #17

Mese: Giugno 2021

Tema: Libri, mamma, lavoro.

Autrice: Silvia Bucchi.

 

La luce del sole di mezzogiorno filtrava dalle grandi vetrate della biblioteca, illuminando la lunga fila di tavoli. Era impossibile trovare una postazione vuota a fine maggio, quando gli esami erano alle porte. Anche quel giorno, infatti, i grandi tavoli in mogano erano occupati da centinaia di studenti, tutti concentrati e silenziosi, mentre prendevano appunti o consultavano i rarissimi volumi che avevano reso famosa la biblioteca di Camden, nel Maine. Al di là della vetrata, centinaia di petali rosa volteggiavano nell’aria, prima di ricoprire con un manto rosato il viale che conduceva verso l’entrata della biblioteca.  L’idea di piantare dei maestosi alberi di ciliegio nel giardino era balenata nella mente del vecchio direttore Smith trent’anni prima, dopo un viaggio in Giappone. 

Dalla sua postazione Liam Jackson osservava i ragazzi con le teste chine sui manuali, simili a tante api operaie sempre in movimento.  C’era chi scriveva velocemente su un quaderno, utilizzando penne di diversi colori e chi sottolineava con foga il testo con gli evidenziatori colorati. Altri ancora avevano affidato ai post it, usati come dei separatori, il compito di mettere in risalto l’argomento da ripassare, segnalandone la posizione nel voluminoso libro di testo. 

Quei ragazzi erano tutti uguali. Nessuno di loro era in grado di colpire  davvero l’attenzione e di catturarla per più di un istante. Sembravano un gregge di pecore, una massa indistinguibile di individui, con i volti chini sui pesanti volumi, che la bibliotecaria, l’anziana signora Jonas, aveva consegnato loro qualche ora prima. Liam Jackson sarebbe corso all’esterno, per fumare una sigaretta e per cercare l’ispirazione tra i petali di ciliegio, che ricoprivano con il loro manto rosa il viale, se non ci fosse stata lei, seduta al solito posto,  con quei capelli rossi, che il fermaglio nero non riusciva mai a trattenere. Pallida e con le occhiaie, Harper Jordan era lì, come tutti i giorni. Da quante notti quella ragazza non riusciva a riposare? Non stava abusando troppo delle sue forze? Era così difficile superare gli esami della facoltà di Economia? Cosa avrebbe potuto fare per aiutarla? Cercare una scusa per rivolgerle la parola per primo e poi invitarla a fare una passeggiata tra i ciliegi in fiore? Avrebbe potuto  offrirle qualcosa da bere al distributore automatico e poi parlarle del romanzo che stava scrivendo?

Perché desiderava aiutarla a vincere l’ansia e il senso di inadeguatezza? Liam Jackson non conosceva il motivo che lo spingeva verso Harper Jordan. Era semplice riconoscenza o forse il filo rosso del destino, che univa le loro mani e le loro intere esistenze? Del resto lei era stata la sua musa, colei che lo aveva salvato dal suo più grande incubo: il blocco dello scrittore. 

Liam Jackson era uno scrittore famoso. Per essere precisi era stato definito dal New York Times come l’autore in grado di conoscere alla perfezione i desideri delle donne e di realizzarli tra le pagine dei suoi libri. Quella definizione l’aveva fatto sorridere, visto che la sua relazione con Belinda, con cui era stato fidanzato sin dal  primo anno di college, era naufragata proprio perché aveva anteposto la scrittura dei suoi romanzi alla loro vita di coppia e ai desideri di lei. 

«Rendi felici le protagoniste delle tue storie creando dei principi azzurri perfetti, ma non sei riuscito a fare lo stesso con me. Non voglio una favola, ma un compagno con cui dividere la quotidianità», aveva sussurrato Belinda, con le lacrime agli occhi, prima di uscire dal loro appartamento. Le lunghe giornate trascorse all’interno del suo studio, con lo sguardo incollato sul monitor e le mani che battevano sulla tastiera per creare un nuovo bestseller, avevano fatto naufragare la sua relazione, facendolo sentire sempre più solo. Avrebbe potuto ascoltare Belinda, prendersi una pausa, interessarsi ai piccoli, grandi problemi quotidiani che la assillavano. Invece aveva preferito concentrarsi sul suo lavoro e sulla sua grande passione per la scrittura.  

Quando Belinda se ne era andata, l’ispirazione era venuta meno. Del resto era sempre stata  lei la sua unica musa. Una musa che si era allontanata sbattendo la porta e lasciandolo solo. 

Con una scadenza alle porte e con il fiato del suo agente sempre più sul collo, Jackson era stato costretto a ricorrere a un metodo considerato infallibile da tutti coloro che sono alla ricerca di un’ispirazione. Aveva abbandonato la propria esistenza da eremita, aveva tentato di superare la perdita di Belinda ed era tornato nel mondo, circondandosi di persone da utilizzare come “materiale umano” per la stesura di quel romanzo tanto atteso dall’editore. 

Così era giunto in quella biblioteca circondata da alberi di ciliegio. Niente, però, sembrava essergli di aiuto. Quegli studenti erano tutti uguali. Vestivano in modo simile e  non sembravano possedere una storia che valesse la pena raccontare. 

Stava per demordere, ma poi il suo sguardo si era posato su di lei. Harper Jordan sedeva sempre nella solita postazione, intenta a mangiarsi le unghie come una bambina. Spesso chiudeva gli occhi e appoggiava il gomito sul tavolo e la testa tra le mani. Cosa la rendeva così disperata? Perché era così stanca?  All’epoca non conosceva ancora il suo nome, ma trovava che il suo tic, quel suo modo particolare di attorcigliare una ciocca di capelli tra le dita, fosse davvero affascinante. Che cosa si nascondeva dietro lo sguardo stanco, i capelli disordinati e quegli occhi spauriti? 

Lo aveva scoperto qualche tempo dopo, mentre passeggiava circondato dagli alberi del viale che conduceva alla biblioteca. Un tono di voce decisamente troppo alto aveva attirato la sua attenzione, così si era nascosto dietro ad un arbusto.

«Harper Jordan, sei una costante delusione per me. Non sei riuscita nemmeno a frequentare una buona università. I tuoi voti, poi, sono al di sotto delle aspettative della nostra famiglia». La voce sgradevole apparteneva a una signora, che osservava, con uno sguardo duro come il granito, la ragazza della biblioteca. La giovane donna stressata e timida aveva  un nome, finalmente: Harper Jordan. Quella ragazza era una pecora nera,  ovvero l’unico membro della famiglia Jordan, che non era riuscito a farsi ammettere in una prestigiosa facoltà di Yale.  

«Mamma, ti prometto che i miei voti miglioreranno. Supererò l’esame e sarai fiera di me», aveva balbettato Harper, con le orecchie rosse e le unghie di nuovo in bocca, pronte per essere torturate dai suoi denti perfetti. 

Quella donna non aveva prestato la minima attenzione alle parole della figlia. Aveva voltato le spalle ad Harper e  percorso il viale, allontanandosi dalla biblioteca e perdendosi nella folla. 

Da quel giorno l’interesse di Liam per quella misteriosa fanciulla era aumentato. In biblioteca, grazie ad Harper, aveva ritrovato la passione per il suo lavoro. Ogni giorno dalla sua postazione, osservava la ragazza e scriveva senza sosta fino all’orario di chiusura. Tante volte aveva provato a rivolgere la parola alla sua musa, ma alla fine non ne aveva mai avuto il coraggio. Continuava ad osservarla e si domandava cosa avrebbe potuto fare per aiutarla ad acquisire un po’ di fiducia in se stessa e a non farsi ferire dall’atteggiamento duro e rigido della madre. 

In quel giorno di maggio, mentre gli studenti si preparavano agli esami e quella ragazza sembrava sempre più pallida e disperata, Liam avrebbe davvero voluto fare qualcosa per Harper, ma alla fine si era semplicemente alzato dalla sua postazione, per avvicinarsi al distributore automatico posizionato in fondo alla sala. 

Mentre sorseggiava un caffè, una voce l’aveva fatto trasalire.

«Sei Liam Jackson? Lo scrittore?», aveva balbettato Harper Jordan, con gli occhi fissi sul pavimento e le guance in fiamme, mostrandogli la copertina dell’ultimo suo bestseller. 

 

Liam sorrise e annuì. Questa era l’occasione che aveva tanto aspettato. Ora aveva una scusa per parlarle. Avrebbe potuto aiutarla e lei sarebbe riuscita a superare brillantemente il suo esame. La ragazza gli porse il libro e lo sguardo di lui si fissò sulle mane di lei, così eleganti e affusolate, nonostante le unghie mangiucchiate e corte. Le labbra di Harper si alzarono in un timido sorriso: «Adoro i tuoi romanzi. Li ho letti tutti. Vorrei il tuo autografo», sussurrò, tirando fuori una penna biro da una delle tasche dei jeans. 

Con il cuore che batteva forte nel  petto, Liam si impegnò per scrivere una dedica degna di nota, degna di quella ragazza così sensibile e delicata. 

Nel frattempo Harper aveva iniziato a rilassarsi, anche grazie alle domande incalzanti, ma allo stesso tempo amichevoli, di Liam.

Mentre la giovane donna analizzava il comportamento di Eloise, la prima eroina femminile che Liam, agli inizi della sua carriera, aveva creato, il cuore di lui non aveva mostrato la minima intenzione di diminuire i  battiti. 

Era lei la sua musa e  la donna della sua vita. In quel giorno di maggio, mentre la luce del sole  di mezzogiorno filtrava dalle vetrate della biblioteca e i petali di ciliegio ricoprivano  il viale con un manto rosa, Liam Jackson prese una decisione, in grado di condizionare la sua vita nelle settimane a venire. Avrebbe conquistato il cuore di Harper Jordan e lei sarebbe stata per sempre sua. 

 

Fine. 

Copyright @ 2021 Silvia Bucchi

Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

 

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8 commenti su “Storytelling Chronicles#17: La ragazza della biblioteca di Silvia Bucchi

  1. Susy il said:

    Che bello adesso che stai sperimentando nuove cose, riesci sempre a catturare l’attenzione e quindi per questo bravissima.
    Questo racconto in particolare denota tristezza e anche speranza e mi è piaciuto molto. Come penso sia lo scopo unico di questa rubrica è che ogni volta che scriviamo miglioriamo e tu nei sei un altro esempio significativo infatti noto dei miglioramenti ogni volta in più. Come ti avevo sempre detto sei brava a scrivere e sono contenta che qui lo stai facendo alla grande

  2. Stephi il said:

    Ciao Silvia! Mi è piaciuto questo tuo breve racconto 🙂 Hai usato il tema molto molto bene e sei riuscita a creare una storia che tiene il lettore attaccato fino alla fine con la lettura, generando attenzione e curiosità, e che si chiude in un finale aperto che aspetta solo un seguito… speriamo di leggerlo presto! È stato bello poi ritrovare alcuni dei tuoi elementi tipici (la storia d’amore, la positività, i ciliegi che richiamano il mondo giapponese) in questa nuova veste: hai la grande capacità di riuscire, ogni mese, a mantenere il tuo stile costante nei diversi racconti senza però annoiare, proprio perché riesci ad innovarlo dando vita a storie tutte diverse e tutte ugualmente interessanti. Brava! Ci rileggiamo presto, Stephi

    • silviatralerighe il said:

      Grazie mille. In realtà l’incipit e quindi la descrizione degli alberi di ciliegio è frutto di un esercizio che stavo facendo per un corso di scrittura. Non so davvero come mi sia venuta in mente una biblioteca. Poi qualche giorno dopo Lara ci ha dato il tema e ho detto: continuiamo. Mi è sembrato quasi un segno. I fiori di ciliegio li trovo spesso raffigurati nelle pagine facebook dedicate al Giappine e prima di iniziare l’esercizio, ne avevo vista qualcuna e quindi credo di essere stata condizionata. Ormai sono una mia passione. Grazie davvero.

  3. Ciao. Vedo che anche tu stai provando stili e storie diverse e ti faccio i miei complimenti per metterti in gioco con nuove idee. La tua storia mi è piaciuta molto, scorrevole, molto carina, un po’ triste ma piena di speranza verso la fine. Questo credo la renda reale, non è tutto perfetto e bello, ma dai la speranza che le cose possano migliorare in futuro e credo che questo messaggio sia molto importante.
    Bravissima,
    A presto

  4. Silvia Bragalini il said:

    Ciao Silvia! La tua storia mi è piaciuta molto: l’ho trovata scorrevole e romantica, per quanto un po’ malinconica. Ci hai raccontato l’incontro tra due feriti: uno scrittore in crisi professionale e personale ed una ragazza che si sente schiacciata dalle aspettative altrui. Questa tua storia sembr al’inizio di un loro possibile percorso di rinnovamento insieme. Il tema del mese mi sembra perfettamente interpretato.
    Complimenti e alla prossima!

  5. Ciao Silvia!
    Parto con una domanda: quando ci darai altro di loro?

    La storia di Liam e Harper ha il potenziale per creare dipendenza ed è scritta in modo tanto scorrevole da arrivare alla fine e volerne ancora, ti trascina e lo fa in modo davvero naturale. Uscire dalla comfort zone dei Kdrama ha sviluppato il tuo potenziale e riesce comunque a emergere il tuo amore per l’oriente (e ho amato il dettaglio dei ciliegi in fiore che mi ha ricordato l’hanami), con due personaggi fragili ognuno a modo loro ma che credo abbiano il potenziale per rifiorire, da soli e anche insieme!

    Perciò ti prego, scrivi la loro storia ❤︎

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