Storytelling Chronicles #6: La ragazza della panchina di Silvia Bucchi

    Cover di Tania

Anche questo mese partecipo con un mio racconto alla rubrica Storytelling Chronicles, ideata da Lara de La nicchia letteraria. La mia sfida è stata cimentarmi con una storia con un finale diverso da tutti quelli che ho scritto. Vi porterò di nuovo in Corea del Sud, ma troverete dei personaggi diversi.

Il tema era un incipit.

“Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.”

“Afferra al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apre e ne legge il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i suoi occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.”

 

Titolo: La ragazza della panchina.

Autrice : Silvia Bucchi

Mese: Luglio 2020

Storytelling #6

 

“Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.”

 

La mia mente torna indietro di qualche anno e  mi abbandono ai ricordi. All’epoca ero una matricola della prestigiosa Korea University e  lei era seduta proprio su questa stessa panchina, la testa china su un’edizione economica di Cime Tempestose. Non potrò mai dimenticare i suoi capelli svolazzanti al vento e il mio sguardo incatenato a quella visione. Me ne stavo immobile sul viale, che costeggiava il giardino del campus, mentre  alcuni studenti  mi spintonavano. Cercavano di raggiungere in fretta l’aula dove si sarebbe tenuta la prossima lezione, ma il mio immobilismo era loro d’intralcio. Nel frattempo  avevo preso una decisione: avrei raggiunto l’affascinante e misteriosa lettrice, avrei scoperto il suo nome e, con un po’ di fortuna, sarei riuscito anche ad invitarla a bere un caffè in un locale poco distante dai dormitori. Il mio cellulare iniziò, però, a squillare ed io dovetti di nuovo fare i conti con la realtà. Risposi immediatamente e la voce di mio padre mi raggiunse, carica di dolore e di disperazione. 

 

«Min-Jun, devi correre subito all’ospedale. Tua madre ha avuto un malore. Ho già mandato l’autista a prenderti.» 

 

Ormai ero abituato a ricevere queste chiamate cariche di angoscia, ma il dolore e la preoccupazione erano sempre gli stessi, anzi se possibile aumentavano di volta in volta di intensità. Sapevo che i giorni di mia madre su questa terra erano quasi giunti al termine e che la sua malattia cardiaca era gravissima. Le rimanevano pochi mesi di vita e non era quello il momento adatto per corteggiare delle sconosciute nei giardini dell’università . Mi riscossi dal mio torpore, percorsi di corsa il vialetto e uscii dal campus. Il signor Yu, l’autista della mia famiglia, era già arrivato e io salii in macchina, pregando per un miracolo, che probabilmente non sarebbe mai arrivato. 

Fino alle  sue dimissioni dall’ospedale, mi occupai giorno e notte di mia madre, trascurando ogni altra questione, compresi i miei studi. Avevo scelto Economia perché avrei preso il posto di mio padre alla direzione dell’impresa di famiglia e desideravo essere il suo degno successore , come lui lo era stato di mio nonno, ma il denaro che la famiglia Park era riuscita ad accumulare nel corso dei decenni non avrebbe potuto operare il grande miracolo  e far guarire mia madre. Lei ci avrebbe lasciato e insieme a noi avrebbe abbandonato anche tutti i beni materiali che  ci appartenevano e che ai miei occhi avevano perso ogni importanza. 

In quei giorni, di tanto in tanto, tornavano alla mia mente il volto della sconosciuta della panchina, i suoi lineamenti delicati e i lunghi capelli neri che le incorniciano il viso. Sentivo di tradire mia madre, dedicando anche solo una parte dei miei pensieri ad un’altra persona. Inoltre ero certo che in un campus frequentato ogni giorno da un numero spropositato di studenti, sarebbe stata un’impresa titanica e quasi impossibile rivedere quella studentessa. Non ero nemmeno sicuro che fosse iscritta alla  Korea University. Trovarla sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio ed io non avevo tempo per illudermi. In quel periodo ad infastidirmi, erano anche i tentativi della mia amica Jeong – Ji – Eun di farmi incontrare una sua amica a tutti i costi. Odiavo gli appuntamenti al buio e non avevo intenzione di  farmi coinvolgere in certe pratiche imbarazzanti, proprio in un momento tanto delicato della mia vita. 

 

«Sin So-Yon è la ragazza perfetta per te. Sono certa che sareste una coppia splendida. Una persona accanto potrebbe aiutarti a sopportare  il dolore per la delicata situazione di tua madre. Ti voglio bene, Min- Jun e cerco solo di farti stare meglio» continuava a ripetermi Ji-Eun, come un fastidioso disco rotto. 

 

Erano passati un paio di mesi dal mio strano non -incontro con la ragazza della panchina e la situazione di mia madre sembrava essersi stabilizzata.  Una breve tregua prima della tempesta.  Eppure il destino era in aguato.

Era notte fonda e il mio cellulare iniziò a squillare. Mi svegliai di colpo e afferrai quell’aggeggio infernale, pronto a sbraitare contro colui che mi aveva strappato con tanta violenza dal mondo dei sogni. 

« Min – Jun, ho bisogno di te.» il tono di voce di Ji -Eun mi lasciava intendere che era completamente ubriaca. 

Mi allarmai, le chiesi l’indirizzo del bar dove si era recata con una sua amica per festeggiare il buon esito di un esame e mi affrettai a raggiungerle. 

Non appena entrai nel locale, trovai Ji -Eun totalmente ubriaca, con la testa posata sul tavolo, che per inciso, era ricoperto di lattine vuote ed accartocciate di Soju.  Quando  la sua amica si girò verso di me, il mio cuore si fermò per un istante, mentre i miei occhi si posavano su un volto delicato, che non avevo mai del tutto dimenticato. Questa volta, però, quei capelli così lunghi e setosi, che mi avevano tormentato per settimane, erano raccolti in una coda di cavallo. In ogni caso, proprio quando avevo rinunciato all’idea di ritrovarla, la sconosciuta della panchina era apparsa di nuovo e ora era proprio davanti a me e decisamente ubriaca. 

Dovetti far affidamento su tutto il mio autocontrollo, per non cedere all’euforia per averla ritrovata, mentre cercavo di trascinarle  fuori dal locale. La mia priorità era metterle in salvo nella mia macchina.  Ji – Eun, urlò trionfante.

«Vedi, alla fine ci sono riuscita. Hai incontrato So-Jon, la mia compagna di stanza» .

Il destino era davvero buffo. Mi ero rifiutato per settimane di incontrare la fantomatica amica di Ji -Eun , ignorando che era proprio lei la ragazza della panchina. E ora che avrei avuto finalmente la possibilità di parlarle, di presentarmi e di offrirle un caffè, lei dormiva profondamente, sdraiata sul sedile posteriore della mia auto, in compagnia della mia migliore amica. Se fossimo stati i protagonisti di uno di quei drama che Ji- Eun adorava, molto probabilmente la mia amica sarebbe magicamente scomparsa, lasciandomi solo con So – Jon, che avrei adagiato sulle mie spalle e condotto al dormitorio a piedi. Non eravamo, però, i protagonisti di una serie televisiva ed io avevo una macchina elegante, che mi era stata da poco regalata da mio padre. 

Il giorno dopo mi recai all’università deciso a portare a termine il mio proposito: non sarei tornato a casa senza aver prima rivisto So – Jon e averle chiesto il suo numero di telefono. In caso contrario avrei pregato Ji -Eun di aiutarmi a rivederla.  Non mi sarei dato per vinto, non questa volta. 

La fortuna sembrò essermi amica. Infatti notai So-Jon seduta sulla solita panchina, con i capelli al vento e il volto chino sulla sua edizione economica di Cime Tempestose. 

Mi avvicinai a quella visione con il cuore che martellava con forza dentro il mio petto. Non so come riuscii a trovare il coraggio. 

«Ciao» le dissi sorridendo. Lei mi osservò con attenzione e ad un certo punto sembrò riconoscermi. 

«Sei il ragazzo che mi ha accompagnato in dormitorio ieri sera, mentre ero  completamente ubriaca. Non sono abituata a bere e il soju è davvero forte. Ho preso il massimo di voti ad un esame e desideravo festeggiare. Grazie per avermi aiutato.» mi sorrise e il mio cuore iniziò a scalpitare di nuovo dentro al mio petto. Mi stavo innamorando e non potevo fare assolutamente nulla per evitarlo. 

Continuando a sorridere , So – Jon indicò il posto libero accanto a sé sulla panchina e mi invitò a sedermi. 

 

«Non devi ringraziarmi. Sono sempre felice di aiutare a Ji – Eun e le sue amiche. Inoltre credo che almeno una volta nella loro vita, tutti gli studenti di questo campus abbiano alzato un po’ troppo il gomito, dopo aver superato un esame.» cercai di rassicurarla e sorrisi a mia volta. Non riuscivo a credere di essere accanto a lei e di poterle parlare. Ero sempre stato molto timido e con la malattia di mia madre, la mia timidezza era peggiorata. 

Restammo per un po’ in silenzio. 

«Heathcliff era un violento e un uomo vendicativo. Catherine invece era una ragazza viziata e capricciosa. Il loro amore  potrei definirlo tossico.» affermai, rompendo il silenzio che ci aveva avvolto e indicando la copia di Cime Tempestose, che era stata abbandonata sulle ginocchia di So-Jon.

«Questo è un romanzo gotico. Emily Bronte non desidera farti amare i suoi personaggi e la loro relazione è chiaramente un rapporto totalizzante, che genera sofferenza.» mi spiegò lei, con un largo sorriso. 

Mi feci coraggio e balbettai: «Forse potremmo continuare la nostra conversazione in caffetteria, davanti a un caffè o a un tè caldo? » Lei accettò la mia proposta. 

Quel giorno, davanti a una tazza fumante di ramen, scoprii che So -Jon non era solo la ragazza più bella del campus, almeno per me, ma anche una giovane ambiziosa, intelligente e piena di progetti, che desiderava realizzare ad ogni costo. 

So -Jon studiava ingegneria informatica e il suo sogno era creare un’applicazione in grado di farle guadagnare una montagna di soldi, per ripagare i suoi genitori di tutto il denaro speso per la sua istruzione. 

«Abitiamo in Corea del Sud.  Viviamo circondati da applicazioni e la tecnologia è il nostro punto di forza.» ripeteva sempre. 

Da quel giorno in caffetteria diventammo inseparabili. Ji -Eun aveva ragione: eravamo perfetti l’uno per l’altro. A quel primo appuntamento ne seguirono molti altri, finché non diventammo una coppia. So-Jon fu il mio sostegno durante gli ultimi mesi di vita di mia madre, fu la spalla su cui piansi la sua morte e divenne quasi una figlia per mio padre, che in quei mesi era in preda a un dolore incosolabile. Fummo felici per più di un anno, ma un giorno un’euforica So -Jon mi comunicò una notizia, che avrebbe potuto mettere in pericolo la nostra relazione. 

«Mi hanno proposto di proseguire gli studi negli Stati Uniti. Andrò a Yale con una borsa di studio.» annunciò un giorno, raggiungendomi nella caffetteria dove la nostra storia era iniziata. 

«Sei d’accordo, vero? Per te sarei disposta a restare a Seul.» aggiunse. La rassicurai. Non desideravo affatto mettere in pericolo la realizzazione dei suoi sogni e non volevo ostacolare i suoi progetti, proprio quando erano così vicini a concretizzarsi. Non potevo, però, partire con lei per gli Stati Uniti, perché la morte della mamma era stata un colpo durissimo per mio padre ed aveva bisogno del suo unico figlio accanto.

Quando So – Jon partì per New Haven credevamo che il nostro amore sarebbe riuscito a sopravvivere alla lontananza. Ci sentivamo più forti di tutto e di tutti, ma la realtà e il trascorrere del tempo smentirono le nostre convinzioni, purtoppo. I nostri reciproci impegni ci impedivano di sentirci tutte le volte che avremmo voluto e pian piano le telefonate e le email divennero sempre più rare.  Quello fu l’inizio della fine. 

 

Sono passati alcuni anni dalla partenza di So -Jon per gli Stati Uniti. So che non è più tornata a Seul, se non per qualche breve vacanza e che ha ottenuto il lavoro dei suoi sogni. Ji -Eun è rimasta in contatto con lei e qualche volta, raramente in realtà, mi racconta qualcosa sulla vita americana della ragazza della panchina. Sono felice che So -Jon sia riuscita a realizzare tutti i suoi progetti e abbia ottenuto il lavoro dei suoi sogni, anche se il prezzo da pagare è stato la fine della nostra storia.  Ho sempre pensato di essermi ormai rassegnato, di aver accettato che quell’amore, che a me sembrava così grande, in realtà aveva una data di scadenza. Qualche minuto fa, Ji – Eun è entrata nel mio ufficio, al dipartimento di Economia della  Korea University, dove lavoro come assistente. Mi ha consegnato un foglio di carta ripiegato e poi mi ha lasciato solo, senza dire nemmeno una parola. Quando l’ho aperto ho riconosciuto subito la sua calligrafia, la calligrafia di So -Jon. 

Le parole contenute all’interno sono come delle pugnalate per me, anche se sono felice per lei. Dopo aver letto la missiva, apro la finestra e affido quel foglio di carta al vento. Poi afferro la giacca, abbandono il mio ufficio e l’edificio e raggiungo il parco del campus. Mi siedo proprio su quella panchina, dove tanto tempo prima, avevo visto per la prima volta So-Jon e le dico definitivamente addio. Anche il vento sembra prendersi gioco di me, perché improvvisamente e con prepotenza deposita ai miei piedi  proprio quel pezzo di carta che avevo stropicciato. Leggo di nuovo la missiva e il mio cuore si spezza, per l’ultima volta. So che anche io dovrò  andare avanti e che sicuramente mi innamorerò di nuovo. 

 

Mio caro Mi -Jun.

Come stai? Ji -Eun mi scrive spesso di te. Mi racconta dei tuoi successi in modo tale che io possa gioirne, anche se a distanza. Sono felice di sapere che stai affiancando tuo padre nella gestione dell’azienda e che sei diventato anche un assistente nella nostra ex università. Conservo dei bellissimi ricordi di noi due insieme. Niente e nessuno potrà mai cancellarli. Sei stato una persona davvero importante nella mia vita, Mi – Jun. Spesso mi domando se avrei potuto fare qualcosa di più per evitare di perderti, ma forse non sapremo mai la risposta. 

Ti scrivo perchè sentivo il bisogno di comunicarti una notizia, anche se non so quale sarà la tua reazione. Forse sono troppo presuntuosa e credo ancora che tu possa provare dell’interesse per me. Non so quale possa essere il modo meno brutale per comunicare certe notizie, però un anno fa ho incontrato un ragazzo, un mio collega. All’inizio è nata una solida amicizia, che però, pian piano si è sviluppata in qualcosa di più. Mi -Jun, mi sposerò il mese prossimo e volevo comunicarti  la notizia personalmente, per questo motivo ho fatto recapitare questa lettera a Ji -Eun. Lei saprà trovare il modo migliore per consegnartela. Sto toccando il cielo con le dita e finalmente ho realizzato tutti i miei sogni. Ti auguro di essere felice e  di trovare prima o poi una donna in grado di donarti tutto l’amore e la gioia che quotianamente mi regala il mio John.

Avrai sempre un posto nel mio cuore,  Mi -Jun.

Tua So -Jon.

 

Poi il tempo ricomincia a scorrere ed io torno alla realtà . Dopo aver detto mentalmente  addio a So -Jon, questa volta per sempre, mi alzo dalla panchina e mi dirigo verso il mio ufficio. Sono certo che anche io, prima o poi, troverò una persona in grado di donarmi tutto l’amore e la gioia di cui il mio cuore ha bisogno.

Copyright @ 2020 Silvia Bucchi

Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale. 

 

 

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17 commenti su “Storytelling Chronicles #6: La ragazza della panchina di Silvia Bucchi

  1. Un finale dolcemaro e sì me l’avevi annunciato, ma leggerlo è stata tutt’altra cosa. Triste proprio verso la fine, mi hai lasciato con l’amaro in bocca lo ammetto e io che amo i lieto fine è stato un colpo davvero tremendo.
    A parte qualche piccolo errorino, direi che stai migliorando sempre più nel descrivere sentimenti ed emozioni soprattutto perchè ti trovi ancora una volta nel tuo elemento naturale.
    Brava

  2. Silvia Bragalini il said:

    Ciao Silvia! Mi fa piacere che, dopo averci raccontato a lungo e in più puntate una tua prima storia, tu abbia deciso di cambiare e di proporci una cosiddetta one-shot. Sinceramente sarei stata curiosa di scoprire un’altra ambientazione, ma mi sembra di capire che la Corea del Sud sia il tuo “luogo sicuro” (un po’ come io, in questi mesi, ho portato a spasso i miei lettori per varie zone d’Italia, specie al mare), quindi bene così. A me non è dispiaciuto affatto il finale non particolarmente lieto: non sempre l’amore trionfa, da giovani capita di crescere e di prendere percorsi diversi. Devo ammettere che il protagonista è saggio e maturo: non tutti l’avrebbero presa come lui. Anche la ragazza della panchina si dimostra corretta, anche se non è chiaro se sia rimasto qualcosa di non-detto tra i due o no: nel primo caso, l’annuncio del matrimonio era quasi doveroso, mentre nell’altro forse sarebbe stato meglio lasciar perdere… ma questa è un’opinione personale. In fondo, questo annuncio ha definitivamente messo la parola FINE a una storia che resta comunque importante.
    Nel complesso la storia mi è piaciuta, quindi brava 🙂

    • silviatralerighe il said:

      Ciao Silvia, grazie. Ho promesso a Susy che avrei trovato il modo di dare un lieto fine al protagonista, quindi forse tornerà presto. È la prima volta che scrivo una storia senza il classico lieto fine, ma credo che ci sia anche molta speranza. La lettera per me è stato un modo per fargli chiudere definitivamente un capitolo. Ho scelto di non dare un lieto fine alla coppia perché mi è parso decisamente più realista e sono felice della scelta fatta e sono contenta che ti sia piaciuta la mia storia. Forse,visto che ho fatto una promessa a Susy, lui tornerà. Vedremo. Credo comunque che una volta conclusa questa storia, abbandonerò la Corea del Sud, almeno per un po’. A presto.
      Silvia.

  3. Anch’io sono amante dei lieto fine ma, nonostante tutto, mi è piaciuto molto il tuo racconto. Gli addii dolceamari hanno il loro fascino ed è normale che non tutti gli amori trovano la loro strada. Il finale lascia aperto per un futuro roseo, già programmato, per lei e uno tutto da scoprire per lui. Una storia davvero bella ed emozionante, brava.

    • silviatralerighe il said:

      Grazie Tania. Diciamo che per una volta, ho sentito che i due protagonisti avrebbero dovuto prendere strade separate. Vorrei in futuro scrivere un lieto fine anche per il protagionista maschile. Grazie ancora. Silvia.

  4. Ciao.
    Il tuo racconto ha un finale molto amaro, pensavo fosse una di quelle storie con un “vissero felici e contenti” e invece non è proprio così.
    Devo ammettere la mia ignoranza per quanto riguarda i nomi, non capisco mai se siano maschi, femmine, chi è cosa. Non seguo quel mondo e quindi so poco anche sulla loro cultura e questo mi crea ogni volta problemi a capire chi sono i personaggi.
    Detto questo, ritorniamo alla tua storia. Il racconto è piacevole, interessante, incuriosisce e ovviamente alla fine dà un bel colpo con la notizia della lettera. Credo sia molto verosimile, alla fine non tutti gli amori vivono per sempre quindi per quanto triste il finale, l’ho apprezzato decisamente.
    A presto

    • silviatralerighe il said:

      Ciao. I nomi mandano in confusione anche me. Mi aiuto un po’ con delle tabelle o cercando sul web quelli più comuni, idem per il cognome. Credo di aver scelto il finale più verosimile, almeno per me e per il modo in cui avevo concepito la loro storia. Non ho mai scritto un finale così. Grazie ancora e a presto.

  5. Anne Louise Rachelle il said:

    Ciao Silvia! Intanto complimenti per il banner estivo del tuo blog, mette un’allegria senza fine *_* E… per il racconto, sono stata felice di leggere di altri protagonisti coreani (adoro i drama, il mondo che raccontano e le emozioni che sanno esprimere!) e li apprezzo ogni volta come se stessi guardando una puntata nuova. In realtà, non sono una fan sfegatata dei lieto fine, in fondo anche se ci troviamo nella dimensione della fantasia, non è detto che debba per forza andare tutto liscio… a maggior ragione se si tratta di ragazzi così giovani! In ogni caso è stato commovente il modo in cui hai deciso di usare l’incipit proposto da Stephi, di certo originale. Ho trovato la scrittura lineare, senza particolari artefici letterari, che accompagna il lettore fino all’epilogo (non happy ma sicuramente coerente!). Ancora brava e alla prossima!

    • silviatralerighe il said:

      Ciao Anne Louise. Grazie mille. Credo anche io che sia un finale più verosimile, visto la loro storia. Sin dal primo momento sapevo che non sarebbero finiti insieme. Sono contenta che la grafica estiva ti sia piaciuta e ti ringrazio molto. A presto. Silvia.

  6. Ciao Silvia!
    Nuova storia, mi piace!
    Innanzitutto l’incipit comune è usato bene, si adatta al racconto e lo riprendi senza problemi. Brava! La storia, in sé, poi mi è piaciuta, nonostante il finale non positivo, cosa che però non dà fastidio, anzi, stacca un po’ dai cliché dei drama e delle romance.
    Brava. Vedo che la tua comfort zone ingrana alla perfezione con i temi ed è bello leggere qualcosa di diverso!
    Alla prossima
    Federica

    • silviatralerighe il said:

      Grazie Federica. Non tutte le storie hanno il lieto fine. Anche se ne immagino uno per il protagonista maschile e spero di riuscire a scriverlo, prima o poi. A presto.

  7. Stephi il said:

    Ciao Silvia!
    Come prima cosa, grazie per riportarci ogni mese in Corea, a conoscere un pezzo di più di questo mondo così lontano da noi. Mi hai spiazzato con il finale della storia: avevo intuito che l’amica di Ji -Eun potesse essere la ragazza della panchina ma che la storia tra i due finisse così proprio non me l’aspettavo! E ti dirò: mi è piaciuto. Non perché non ami i lieto fine (chi non li ama?) ma perché in qualche modo questo rende il racconto più plausibile: nella vita capita spesso che quello che sembra l’amore eterno non sia altro che un amore più importante degli altri, solo che sono in pochi a farcelo notare. Tu sei una di questi pochi, e ti ringrazio per aver scelto questo finale 🙂 Ciò detto, mi è piaciuto il modo in cui hai inserito l’incipit nel racconto: ho trovato il tutto molto sensato e filante. Tu hai la capacità di scrivere dei racconti molto precisi in termini di descrizioni, non ti perdi in fronzoli ma esponi gli elementi più importanti della vita dei personaggi creando delle linee perfettamente definite, che si seguono con piacere. Brava! Sono curiosa di sapere se ci racconterai ancora di Mi -Jun o meno 🙂 A presto, Stephi

    • silviatralerighe il said:

      Ciao Stephi. Grazie. Il racconto che pubblicherò domani non sarà ambientato in Corea, però vorrei in futuro dare un lieto fine anche al povero protagonista di questo racconto, che ho lasciato con parole piene di speranza per un futuro radioso. Vorrei che vivesse un nuovo amore. Per il prossimo mese, però, niente Corea.
      Grazie ancora. Grazie davvero. A presto.

  8. Eri il mio porto sicuro per le storie a lieto fine, cara Silvia, e ora mi ritrovo a sguazzare in delle lacrime che non volevo versare con un cuore spezzato che non volevo frantumare T_T NON SI FA, SIGNORINELLA U_U “Disonore! Disonore su tutta la tua famiglia, disonore su di te, disonore sulla tua mucca!” (cit.)

    A parte gli scherzi, non hai abbandonato la tua amata Corea del Sud -ti avevo caldamente consigliato di farlo, però, col senno di poi, sono contenta che tu non abbia seguito il mio suggerimento ;)-, ma sei comunque uscita dalla tua comfort zone dell’ “E vissero per sempre felici e contenti” -non facile, se si è abituati a scrivere storie con una precisa atmosfera discordante dalla nuova che si vuole adottare- <3 Sebbene il mio animo romantico non sia d'accordo -sai che spero si riconcilino in qualche modo, vero? Impossibile sì, ma me lo auspico con tutta me stessa ahah-, sei stata brava a lanciarti in questa impresa diversa dalla tua usuale :3

    Come sempre, hai descritto una coppia molto dolce che non fatica a farsi amare dai tuoi lettori, soprattutto con un'ambientazione dove tutto pare un dipinto ad acquerelli su tela 🙂 Inoltre, non manca il classico dramma familiare che con la sua onnipresenza molto strong sfuma leggermente grazie ai sentimenti creatisi durante la narrazione per attenuare le varie circostanze negative da sopportare!

    Forse, l'unico dettaglio che mi sento di sottolineare è che… Dopo la formazione della coppia Mi-Jun/So-Jon, la storia sembra ingranare una marcia troppo elevata, a mio avviso, risultando quasi un po' frettolosa per riuscire ad arrivare "in tempo" alla conclusione dolce-amara 🙁 Non so, al tuo posto avrei speso più parole, ma comunque la mia è solo un'impressione soggettiva molto opinabile 😉

    • silviatralerighe il said:

      Ciao Lara. Luglio è stato un mese talmente particolare che ho tenuto la copertina di Linus della Corea. Il racconto di Agosto invece è ambientato negli Stati Uniti ed è qualcosa di inedito per me. Si, sul finale forse ho messo un po’ troppo il turbo. Fatico a gestire i racconti brevi. Ci sto lavorando sopra. Grazie ancora e a presto.

  9. Debora il said:

    Ciao Silvia. Il racconto è carino, scritto bene (poche le imperfezioni nel testo, giusto un paio di virgole fuori posto e una o due D eufoniche). La storia in sé non è male, però secondo me ci sono almeno un paio di problemi.
    Il primo è la relazione tra incipit e trama: un po’ debole, forse. Debole perché l’incipit prevede che la lettura del foglio di carta stropicciata avvenga sulla panchina e sconvolga profondamente il/la protagonista. Se nel tuo racconto la lettura del foglio avviene prima, in ufficio, intanto contraddici l’incipit, secondo me, e poi le sensazioni che il protagonista prova nel rileggere quelle parole non possono sconvolgerlo: lo sa già.
    Il secondo problema sta nel fatto che nella parte iniziale del racconto c’è una questione molto rilevante, che in teoria, nella vita reale, ha tanta più importanza dell’immagine di una sconosciuta su una panchina: la malattia della madre, cosa sulla quale tu poi glissi in maniera forse troppo accentuata. Lo spazio è poco, lo so, però alla fine del racconto ho avuto la sensazione di un insieme di temi slegati tra loro, di veri e propri salti che non mi hanno aiutata a immedesimarmi nonostante tu sia capace di rendere bene gli stati d’animo. Sono sensazioni mie, quindi prendile per quel che valgono. Mi ha fatto piacere vederti osare con un finale diverso dal solito. Spero tu abbia il coraggio, prima o poi, di abbandonare anche la Korea. Alla prossima.

    • silviatralerighe il said:

      Ciao Debora. Luglio è stato un mese piuttosto particolare per me, quindi ho tenuto per l’ultima volta, almento per il momento, la mia copertina di Linus, ovvero la Korea. Il racconto di Agosto è stato ambientato altrove. Grazie per i tuoi consigli. Nel primo caso non ci ho pensato ed in effetti è vero. Lui aveva già letto la lettera. Riguardo al secondo, è vero. Ho liquidato la malattia della madre di lui in maniera troppo rapida. Non riesco ancora a gestire bene i tempi dei racconti. Il finale diverso è stato un mettermi alla prova, ma senza osare più di tanto. Ad agosto ho provato invece a fare qualcosa che mi aveva sempre attirato, ma che non so se davvero sono in grado di realizzare. Grazie ancora per i tuoi consigli, che mi hanno aperto gli occhi su alcuni elementi del mio racconto.

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